Monti contro tutti

Doveva solo aspettare qualche mese, senza troppo dimenarsi. Senza comprensibilmente fare alcun passo avanti o indietro in campagna elettorale, per questo o quell'altro schieramento. Insomma, muto come un pesce doveva rimanere. Al massimo poteva elogiare il proprio governo tecnico per quello che aveva fatto per salvare il Paese dal precipizio dello spread e da tutti i conseguenti annessi e connessi. Se così avesse fatto avrebbe ricevuto “applausi a scena aperta” da quasi tutti gli schieramenti politici. Non da Maroni, né dal novello assemblatore arancione Ingroia, né dall'affabulatore Vendola, ma questo non avrebbe guastato, anzi avrebbe scongiurato l'immagine non democratica di un plebiscito bulgaro.

di Elia Fiorillo


L'altra cosa che poteva fare era elogiare i partiti che avevano voluto lui ed i suoi ministri tecnici, che con la scelta fatta avevano dimostrato responsabilità e grande attaccamento all'Italia. Così facendo il professore, senatore a vita, Mario Monti avrebbe avuto le chiavi in mano dell'appartamento presidenziale al Quirinale, ma anche in alternativa i pass di varie istituzioni europee. E, invece, dalla possibile standing ovation si è passati alle pernacchie politiche. Tutti insieme, appassionatamente, nemici ed amici, giù a criticare, a rimuginare, a sparare ad alzo zero su quello che fu il Salvatore degli italiani. L'interrogativo che uno si pone, specialmente se straniero, è com'è stato possibile sostenere un soggetto di tal genere, oggi così stroncato. Arrivare ad ipotizzare una Commissione d'inchiesta per far luce sul possibile golpe internazionale che ha posto Monti a capo del governo italiano è il massimo della fantasia elettoralistica. Viene da chiedere: e perché lo si è sostenuto in Parlamento?; perché non è stato chiesto l'impeachment del presidente Napolitano per alto tradimento?

 
Il presidente Monti nel “salire in campo” politico ha scelto la strada più difficile e tortuosa. Poteva accontentarsi di essere il Federatore del centro-destra, come gli proponeva Silvio Berlusconi. Invece ha deciso di fare l'Innovatore, con i tanti rischi che un ruolo del genere comporta. Ma se uno sceglie di cambiare, con tutti i riflettori addosso e dopo aver rinunciato a cose non di poco conto, lo deve fare senza troppe mediazioni né tentennamenti. E, qui, cominciano i problemi seri non con i nemici, quelli erano previsti, ma con gli amici. Il tema è la discontinuità. Per essere credibile l'Innovatore non può percorrere le vecchie strade della politica italiana. Deve resettare i soliti balletti già visti e subiti dall'opinione pubblica. C'è però un fatto e cioè che lui, Monti, deve puntare a vincere e non si può accontentare solo di partecipare. Concettualmente non avrebbe accettato sdoppiamenti di liste. Nell'attuale situazione ha dovuto cominciare a mediare. Quindi, una lista elettorale con il suo nome che tutto assorbe al Senato, mentre alla Camera ben tre liste con Fini e Casini. Corrado Passera, ex banchiere e ministro dello Sviluppo economico, non c'è stato. Il compromesso montiano non gli è piaciuto perché, forse, ha pensato che quello era solo l'inizio di altri cedimenti. Che farà adesso? Passera non è uomo che molla con facilità. Moderato, cattolico, gran conoscitore delle stanze del potere, potrebbe in questa fase defilarsi, per poi ipotizzare un suo movimento. A cinquantotto anni d'età e dopo le esperienze che ha fatto è molto difficile che pensi di ritornare da dove è venuto. Per lui sarebbe una sconfitta non sopportabile.
 
Si può scommettere che a Fini e Casini, politici di lunghissimo corso, non siano piaciute le indagini preliminari su chi far partecipare alle elezioni, con tanto d'analisi al microscopio sui percorsi di vita dei candidati. Né, tantomeno, sarà piaciuto l'attegiamento schizzinoso di Monti verso  la “vecchia” politica ed i suoi esponenti, di cui loro due non possono chiamarsi fuori. Sul fronte dei nuovi volti di qualità Monti non potrà cedere, come dovrà stare molto attento a non imbarcare naufraghi di altri schieramenti. Il Pdl definisce l'attuale premier la stampella della sinistra per i possibili accordi post elezioni. Bersani è molto attento in questa fase a non esagerare con le critiche verso il professore perché sa bene che potrebbe aver bisogno di un sostengo, appunto di una gruccia. Cosa che pure - e forse di più - il Pdl avrebbe necessità per vincere, ma il copione del Cavaliere, finché lui sarà in campo, non contempla una simile possibile eventualità.
 
Che succederà nelle urne, al di là della sondaggistica spesso interessata e ruffiana, è presto per dirlo. Certo, il bipolarismo muscolare vecchio stampo è sorpassato. I clichè che hanno funzionato nelle campagne elettorali dell'ultimo ventennio potrebbero essere obsoleti. Lo scetticismo verso un tipo di politica che non ha risolto i problemi della gente, creando caste d'intoccabili, è grande. Il messaggio che va mandato al popolo sovrano è che il cambiamento è possibile concretamente e non è solo una chimera di tipo elettorale. Vincerà le elezioni chi riuscirà a far passare un tale messaggio. Un'impresa certo non facile.