ABBIAMO TUTTI RAGIONE… O FORSE NO?

Vi ricordate il capolavoro “La Grande Guerra” di Mario Monicelli del 1959? La coppia piu’ talentuosa che il cinema italiano abbia mai visto insieme, Alberto Sordi e Vittorio Gassman, impersonarono senza ipocrisie, l’Italiano medio di inizio 1900 che, per la prima volta, difendeva la nuova patria in una guerra mondiale. I due soldati che il destino aveva accomunato in una fine crudele, dipinsero nel film il carattere regionale (Milano, Roma) di un’Italia che disperatamente stava costruendo la propria identita’. Un Paese messo insieme in fretta, senza un programma ne una strategia comune che trova, nel film di Monicelli, una spietata fotografia di furbi e furbetti in cerca di sopravvivere a una guerra di qualcun altro.

di Vincenzo Marra


Dopo 5 giorni senza rancio, all’annuncio che era arrivata una minestra calda, tutti i soldati si lanciano, alla rinfusa, in una fila illogica dove Alberto Sordi, arrivato ultimo e posizionatosi per primo, risponde alle tepide proteste dei commilitoni: “Fermi cosi’, come stamo, stamo!” cercando l’ovvio consenso di quelli che come lui si trovavano davanti la fila. Era il 1916 e se avete avuto la ventura di dover fare una fila quando non ci sono numeri da rispettare specialmente a Roma, vi sarete accorti che poco o nulla e’ cambiato 100 anni dopo: “Come stamo, stamo!”, sembra essere la regola comune dove il piu’ forte ovvero il piu’ furbo continua a vincere in un Paese ancora alla ricerca di se stesso. La tanto decantata democrazia in uno spazio, a voler essere generosi, anarchico tarda ad arrivare. Dopo il fascismo, nascono personaggi e sigle (famosa quella del CAF, Craxi, Andreotti, Forlani) che stanno sempre a spiegare la separazione netta tra il potere e la gente che li elegge per essere governata. Da una parte i furbi, dall’altra coloro che si lamentano di non essere entrati nel numero dei privilegiati e attendono il loro turno. Finche’ una congiuntura favorevole (1960/70) ha reso benestanti anche i meno furbi (E’ il tempo di  “Speriamo che io me la cavo”) e “Come stamo, stamo” diventa un motto anche per coloro che invece  di milioni di Euro, sono riusciti a farsi una casetta abusiva (munita di regolare condono) per i propri figli. Finche’ rimaneva fuori una piccola minoranza di nullatenenti, il motto funzionava perche’ la maggioranza violenta ha sempre vinto nei paesi con democrazie approssimate. Il mondo soffre e le democrazie piu’ solide hanno fatto uno o due passi indietro per far ripartire le proprie economie, per competere con i “paesi emergenti” ovvero con quei paesi, come la Cina e i paesi dell’ex URSS, che hanno bisogno di molto meno dei paesi industrializzati per vivere. Questi nuovi lavoratori hanno atteso piu’ di 60 anni per fare le vacanze, un privilegio garantito nei paesi piu’ industrializzati. Hanno atteso piu’ di 60 anni per mangiare la carne, alimento ormai sconsigliato in quei paesi dove se ne e’ mangiata troppa. Hanno atteso 60 anni per avere un minimo di diritti riconosciuti che li abilita ad entrare finalmente con la minoranza degli umani che da 60 anni hanno avuto questi diritti riconosciuti come forme di vita. Ferragamo, un calzolaio fiorentino, e’ diventato una multinazionale facendo le scarpe per i divi di Hollywood mentre Gucci e Valentino, da sarti Italiani, sono ora di proprieta’ di gruppi finanziari arabi che ne gestiscono le rispettive fortune. E la FIAT ha addirittura aquistato la terza azienda automobilistica Americana, la Chrysler, per posizionarsi tra i colossi mondiali dell’Industria automobilistica. E mentre tutti corrono per garantire il proprio e l’altrui futuro in un mondo sempre piu’ planetario e meno locale, le spese piu’ importanti dell’Italia sono concentrate sui “talk shows” dove si cimentano politici e giornalisti, industriali della parola, che riescono ancora ad andare in pensione con cifre da imperatori africani. E mentre le librerie chiudono per mancanza di lettori, noi tutti continuiamo a scrivere coscienti che nessuno ci legge. E mentre le opinioni sono sempre piu’ limitate da una nuova societa’ troppo veloce per pensare, noi continuiamo a produrre sempre piu’ opinioni che si sviluppano poi in partiti politici che portano i giovani leaders ai talk shows dove si corrompono anche le nuove generazioni con l’illusione di un’audience che non c’e’ piu’…. E chi produce? E come si pagheranno le pensioni di 30/40mila Euro al mese per chi ha prodotto tutte queste parole? Perche’ non paghiamo tutta questa gente con milioni di parole al mese mentre con i soldi veri potremmo provare a ricostruire un sistema sociale, come quello dei favolosi anni ’60 dove chi lavorava e studiava veniva inserito senza bisogno di andare in televisione? E chi sono questi giovani che vengono proposti alla leadership politica delle nuove generazioni Italiane senza aver “mai lavorato un giorno tra la gente che lavora”? E nella crisi continuano a guadagnare di piu’ quelli che parlano meglio, i piu’ furbi contro quelli che lavorano e piu’ i furbi aumentano, piu’ gli imprenditori se ne vanno. L’Europa bacchetta l’Italia e sottolinea che la media dei managers pubblici italiani si trova sulla “media” di 600.000 Euro l’anno contro i 200 mila degli altri europei. L’Italia si ribella e per bocca del suo ministro pertinente replica che da oltre 6 mesi il tetto delle retribuzioni pubbliche e’ sceso (si fa per dire!) a 300,000 Euro/anno. Della serie: anche se siamo i piu’ poveri, meritiamo sempre almeno il 50% piu’ di voi. E le pensioni d’oro non sono nemmeno paragonabili ai paesi piu’ ricchi del pianeta che possono solo sognare quelle cifre. E le buone uscite milionarie per i managers chiamati per far fallire le grandi aziende finanziate con i  soldi che producevano gli italiani (Telecom, Alitalia), superano il guadagno di una vita di un’operaio che ha ancora la fortuna di essere impiegato in catena di montaggio. Le manovre e le monovrine economiche, per pagare chi produce parole, continuano ad aggravare una situazione torturata anche dai danni atmosferici, frutto di una dittatura burocratica che impiega tutti nell’ufficio pubblico al grido di: “Come stamo, stamo!”. La domanda resta: “Ma i nostri figli senza lavoro, dove li prenderanno  i soldi per pagare l’attuale burocrazia, le vecchie e le nuove pensioni d’oro mentre la maggior parte dei loro genitori sta morendo in poverta’?”.