Dalla promozione alla commercializzazione

Un diverso approccio alla promozione del sistema agroalimentare italiano negli USA: l’esperienza della Camera di Commercio Italiana di New York.   La crisi economica degli ultimi anni e la conseguente riduzione delle risorse finanziarie impiegate a vario titolo da agenzie nazionali , consorzi di tutela, consorzi export e camere di commercio ha portato ad un ripensamento delle tradizionali azioni di promozione a supporto del sistema agroalimentare italiano sia negli USA, paese in cui opero, sia in altri mercati come mi viene spesso confermato dai colleghi delle altre Camere di Commercio Italiane all’Estero.

di Federico Tozzi


Negli anni passati le azioni promozionali svolte dai soggetti sopra citati si sono tradizionalmente focalizzate su iniziative di assistenza alla conclusione di affari nelle quali il soggetto esecutore, la CCIE, l’ICE, e/o altre strutture di promozione pubblica o privata, si limitavano a svolgere una pura azione di creazione di contatti tra la domanda, rappresentanta, almeno per quanto riguarda il mercato USA, dai compratori (buyers) e l’offerta, rappresentanta dalla miriade di produttori (o meglio micro produttori) italiani.

Questa azione di contatto veniva svolta attraverso la partecipazione a manifestazioni di natura fieristica, a workshops (incontri b2b) e a missioni commerciali in Italia o all’estero. In genere la responsabilita’ del soggetto esecutore si concretizzava nello svolgere una accurata attivita’ di selezione delle controparti commerciali del paese di riferimento e nella gestione di alcuni aspetti di natura logistica relativi alla organizzazione degli eventi stessi.

Veniva in alcuni casi svolta una azione di follow up a seguito dell’iniziativa organizzata ma in moltissimi casi si trattava di una sorta di supporto al singolo operatore e/o buyer con il quale si era maturato un particolare rapporto durante lo svolgimento del progetto stesso. In ogni caso si trattava di una attivita’sporadica non strutturata e non continuativa che, non solo non era parte del progetto originario,  ma molto spesso le sue finalita’ non erano chiaramente definite e il soggetto esecutore non veniva per lo svolgimento di questa compensato.

I risultati di queste iniziative purtroppo non sono stati negli anni particolarmente incoraggianti. Il primo dei problemi che emergeva riguardava gli standard stessi di misurazione dei risultati. Molto spesso come funzionario responsabile di ideare e gestire questo tipo di attivita’ mi sono infatti chiesto quali erano gli elementi la cui presenza poteva permettermi di giudicare riuscita una iniziativa di promozione.  Il fatto stesso di essere solo responsabile per la creazione di occasioni di incontro senza poter gestire e di conseguenza valutare la fase successiva all’incontro rappresentava di per se un fortissimo limite.

Molto spesso attraverso canali di comunicazione indiretta ci arrivavano delle segnalazioni (da parte sia di aziende italiane che di loro controparti commerciali USA) che le trattative per la commercializzazione dei prodotti presentanti durante gli eventi promozionali organizzati non si erano poi concretizzate. Questo come si potra’ ben comprendere rendeva di conseguenza vana l’inziativa stessa e gli sforzi messi in essere per realizzarla.

Le ragioni per le quali le aziende coinvolte nelle attivita’ di promozione realizzate non erano riuscite a trovare degli sbocchi sui mercati target sono molteplici.

La piu’ importante e’ sicuramente la scarsa preparazione delle aziende italiane (non tutte ovviamente) ad operare sui mercati internazionali. Per scarsa preparazione intendo varie cose. La prima e’ sicuramente un approccio dilettantistico alla esplorazione di nuovi mercati. L’azienda che generalmente partecipa a queste iniziative promozionali lo fa’ gratuitamente (i costi vengono in genere sostenuti da altri soggetti quali Camere di Commercio Italiane, Consorzi, Aziende Speciali etc.) questo porta ad una forte deresponsabilizzazione della azienda stessa che non da’ adeguata importanza e attenzione al progetto a cui sta’ partecipando. La logica e’ quella spesso applicata al bene pubblico (non lo pago, almeno non direttamente, e pertanto posso anche abusarne…).

La seconda e’ la presunzione di poter trovare successo in mercati remoti quando si hanno prodotti che non sono riusciti ad imporsi neanche in mercati di prossimita’. Intendiamoci vi sono sicuramente dei prodotti che per una ragione o per l’altra hanno attratto consumatori molto distanti dai luoghi di produzione questi pero’ sono un numero molto limitato. La maggior parte delle aziende che si sono affermate a livello Internazionale hanno cominciato assicurandosi una presenza nei mercati di prossimita’ su cui era relativamente piu’ semplice seguire i clienti e rispondere in maniera piu’ efficace alle loro esigenze espandendosi poi gradualmente in mercati piu’ lontani.

La terza e’ la mancanza di adeguate risorse sia di personale che finanziarie necessarie per poter competere con successo su mercati internazionali. Molto spesso non e’ stata fatta una corretta analisi dei costi che la presenza su mercati remoti impone. Quando lo si fa’ si tende poi ad applicare parametri che non sono adeguati alle realta’ di riferimento.

Se le aziende italiane in media non sono preparate ad affrontare il mercato USA e’ anche vero che alcune criticita’ vanno anche riscontrate negli operatori USA che partecipano a queste iniziative promozionali. Visti i capitali generalmente non molto elevati necessari per operare nel settore agroalimentare in USA vi sono anche numerosi operatori statunitensi che non hanno delle strutture solide e di conseguenza nell’approccio con gli operatori italiani non sono particolarmente affidabili. Purtroppo la mancanza di affidabilita’ di questi emerge solo nella fase successive ai momenti di contatto ed incontro e quindi raramente essa viene a conoscenza del funzionario camerale se non in via indiretta e in tempi troppo dilatati.

Per ovviare a questo tipo di problematiche e criticita’ la Camera di Commercio italiana a New York ha da alcuni anni cominciato a testare un modello di azione promozionale piu’ incentrata sulla commercializzazione che sulla promozione pura e semplice. E’ stato fatto un tentativo che ha portato in sostanza a creare delle iniziative nelle quali il ruolo della struttura e’ piu’ ampio e vi e’ un suo coinvolgimento non solo nella fase di creazione dei momenti di contatto tra operatori ma anche nella fase successiva in cui i prodotti selezionati e le aziende scelte vanno poi concretamente a testare il mercato.

Una delle iniziative meglio riuscite e’ stata quella realizzata con il gruppo Giant Eagle, una catena di supermercati con 220 punti vendita e con un fatturato di circa 10 miliardi di dollari operante in Ohio, Pennsylvania e West Virginia.

L’esperienza con Giant Eagle ha rappresentato un progetto innovativo su molti aspetti. Il primo fra questi e’ il modello stesso di approccio al mercato.

Contrariamente a quanto fatto in passato quando si selezionavano diversi importatori che venivano inviati in Italia per incontrare aziende locali presenti in diverse regioni e ognuno di loro stabiliva accordi (anche in competizione) con le aziende incontrate con i risultati deludenti sopra indicati, qui si e’ deciso di lavorare con un solo importatore, il gruppo Epicure Food Corporation, una struttura presente sul mercato da molti anni che solo negli ultime tre anni ha creato un suo portfolio di prodotti italiani grazie all’aiuto prestato dalla Camera di Commercio italiana a New York.

L’importatore selezionato, Epicure Food Corporation, ha a sua volta individuato il gruppo della GDO a cui rivolgersi, Giant Eagle, e nel corso della missione italiana vi hanno partecipato tutti i loro “category buyers” insieme al Vice Presidente della Epicure e al sottoscritto come responsabile per la struttura camerale.

La controparte commerciale in Italia e’ stata individuata, sempre attraverso l’attivita’ della Camera di Commercio, in un consorzio export localizzato in Toscana che si e’ occupato di coordinare l’attivita’ di selezione delle aziende in loco e di gestire la parte incontri e logistica.

Fin dall’inizio e’ stato specificato che la visita dei compratori USA era volta alla commercializzazione di un paniere di prodotti toscani che loro si impegnavano a scegliere durante la missione stessa tra quelli presentati dalle aziende toscane coinvolte.

Sulla base del fatturato sviluppato erano previsti dei meccanismi di incentivazione finanziari forniti sia dalle aziende i cui prodotti sono stati selezionati (forniti in sconti) sia dalla regione Toscana, forniti in fondi per la realizzazione di attivita’ di supporto alla vendita in loco (POS material, organizzazione di degustazioni, eventi di presentazione all’interno dei diversi punti vendita etc.)

L’altro aspetto innovativo del progetto e’ stato il focus geografico che esso ha avuto. Anche in questo caso contrariamente a quanto svolto in passato in cui le azioni promozionali sono state concentrate nelle principali aree metropolitane (con una forse eccessiva attenzione su quelle gia’ altamente servite come New York Metro) nel caso specifico l’azione di promozione si e’ svolta in stati relativamente vergini in termini di presenza di prodotti italiani e verso un consumatore non abituato ad avere una larga disponibilita’ di specialita’ alimentari italiane.

A giudicare dai risultati documentati il progetto puo’ considerarsi perfettamente riuscito. Sono stati selezionati circa una decina di produttori toscani di specialita’ alimentari e vini e la promozione con il gruppo Giant Eagle si e’ regolarmente svolta tra il mese di novembre e dicembre 2012.

Per alcune delle aziende selezionate vi sono gia’ stati alcuni riordini segnale importante in quanto indica che il prodotto scelto e presentanto e’ stato gradito dal pubblico di riferimento ed e’ entrato a far parte integrante del portfolio prodotti presente all’interno del’ gruppo .

L’esperienza sopra descritta ha influenza tutte le altre iniziative (anche minori) che la Camera di Commercio italiana sta’ svolgendo e prevede di svolgere nel corso dei prossi anni. Simili inziative sono state svolte con altre Camere di Commercio italiane, Bologna in primis e con altri consorzi e agenzie di sviluppo locale.

Il modello di azione promozionale sopra presentanto presenta rispetto a quelli tradizionali i seguenti vantaggi:

1.       Coinvolgimento del soggetto ideatore/esecutore dell’azione promozionale in tutte le fasi della iniziativa. Questo consente di valutare con certezza e di documentare in maniera accurata i risultati ottenuti in termini di fatturato sviluppato, presenza di prodotti e azioni di promozione al consumo

2.       Assistenza a 360 gradi alle aziende coinvolte sia in USA che in Italia nelle diverse fasi del progetto. Questo consente di selezionare in maniera piu’ accurata i soggetti partecipanti evitando di focalizzare risorse su aziende non adeguatamente pronte per competere con successo in mercati internazionali e su operatori non affidabili e/o non adeguatamente strutturati nei mercati targets.

3.       Ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse pubbliche con una conseguente riduzione degli sprechi e delle spese non necessarie.

4.       Incremento dell’esperienza e delle conoscenze dei funzionari coinvolti nelle promozioni con un maggiore allineamento di questi e delle loro proposte alle reali esigenze dei mercati e dei soggetti che vi operano.

 

 

Per concludere il modello sopra presentato rappresenta a mio parere un reale superamento del tradizionale approccio alla promozione e merita di essere sperimentato in maniera piu’ ampia da tutti i soggetti impegnati nelle attivita’ di promozione cercando per quanto possibile di renderlo ancora piu’ efficace e in linea con le esigenze delle aziende stesse.

 

Federico Tozzi

Deputy Secretary General

 

Italy – America Chamber of Commerce Inc.