BISOGNA SAPER PERDERE

Erano i favolosi anni 60 (favolosi per chi li ha vissuti) e i Rokes, un gruppo rock Inglese che andava di moda, ricordava a noi giovani di allora che “Non sempre si puo’ vincere!”. Facile per loro, gli Anglosassoni per natura si muovono sempre insieme e quando vincono, vincono tutti mentre quando perdono, sempre insieme, provano a vincere di nuovo. Nel modus pensandi Italicus, la sconfitta viene sempre vissuta emotivamente, dall’amore allo sport passando per il sociale e la politica, si partecipa solo per vincere.

di Vincenzo Marra


De Coubertin era un perdente perche’ voleva solo partecipare mentre si vive e si compete solo per vincere almeno nel Bel Paese. E pensandoci bene non potrebbe essere diversamente quando pensiamo che lo stesso padre Dante fu fazioso politicamente e profetico nel sollecitare l’uso della lingua Italiana come elemento coagulante di un’espressione geografica che, ai suoi tempi, si esprimeva con la politica dei comuni. L’espressione di quei tempi viene perpetuata oggi dal Palio di Siena e dalla serieta’ che le varie contrade mettono in una manifestazione (il Palio) che per il resto del mondo e’ ormai solo un appuntamento folkloristico. Se poi girate l’Italia nei vari mesi dell’anno vi accorgerete che il Palio di Siena e’ solo quello piu’ importante che ancora fa notizia mentre in ogni comune che incontrerete ( sono piu’ di ottomila!) troverete  il palio locale sempre condito con l’emozione delle famiglie se non saranno abbastanza per definirsi contrade. Nella divisione si trova la ragione di una societa’ che ha perso molte posizioni nella classifica planetaria e rifiuta il verdetto. Bisogna saper perdere per poi tornare a vincere. E se una squadra rimane dietro per troppo tempo, dopo aver cambiato l’allenatore, si debbono rinnovare i giocatori con l’obbligo di avere un obiettivo comune. Il rischio e’ quello di restare, su 120 nazioni con piu’ di 4 milioni di abitanti, in fondo alla classifica insieme allo Zimbabwe dopo 7 anni di crisi mondiale. L’Italia continua a giocare con lo stesso modulo, con la stessa squadra, con gli stessi schemi rifiutando, a livello rappresentativo, una sconfitta senza precedenti nella storia del Paese. Gli Italiani hanno perso il magico sorriso di “gente allegra” che aveva reso l’Italia famosa nel mondo. Il livello di frustrazione e di totale pessimismo hanno raggiunto livelli di guardia pericolosi mentre sono ormai anni che si parla di provvedimenti che non si attuano mai. E’ disarmante l’atteggiamento della brava gente che continua a sperare in un miracolo mentre gli imprenditori si suicidano e le interpretazioni sulla sconfitta si rinnovano ogni sera guardando il talk show di turno. “Talk Show”, letteralmente spettacolo fatto di parole e’ ormai una corsa ai cinque minuti di celebrita’ per dilettanti allo sbaraglio. Eppure gli Italiani continuano a commentarli. Della serie: loro parlano di niente e noi commentiamo l’aria. Abbiamo perso e dobbiamo rimboccarci le maniche e dimostrare di saper vincere ancora. Dovremmo solo pensare che, nel bene e nel male, l’Italia esiste. Se non possiamo far giocare Messi o Ronaldo, cerchiamo almeno di ricostruire una squadra che possa finalmente giocare insieme per ricostruire quella squadra campione del mondo fatta di tanti buoni giocatori senza fenomeni. Recentemente, per chi ama il calcio, si e’ giocato Shalke 04 – Real Madrid in Germania. I tifosi Tedeschi hanno assistito ad uno spettacolo (dal loro punto di vista) impietoso. La loro squadra, visibilmente inferiore, perdeva, a dieci minuti dalla fine, per 6-0. Chi conosce il gioco del calcio sa che questa non era una sconfitta era, per paragonarla alla situazione economica dell’Italia di oggi, una dimostrazione di assoluta inferiorita’. I tifosi dello Shalke erano tutti in piedi a tifare per la loro squadra senza nessun risentimento per una sconfitta storica e, su questa conferma di appartenenza, lo Shalke ha segnato il 6-1 con la rete piu’ bella della serata. Quattro minuti dopo, grandi applausi per i vincitori e un abbraccio virtuale ai propri beniamini che, dopo la sconfitta, usciti tra la fedelta’ del proprio pubblico, hanno sfilato ai microfoni dei reporters per ammettere la superiorita’ degli avversari. Lo scenario surreale per uno stadio Italiano puo’ servire come paradigma di riferimento per un nuovo inizio, per un nuovo rinascimento di un giovane Paese che, nel calcio come nella vita continua a votare come un tifoso poco sportivo. Ovvero non riesce a cambiare squadra anche se poi i giocatori del suo cuore vengono continuamente arrestati per attivita’ extra sportive.